Demenza e invecchiamento

Demenza e invecchiamento: tipologie e sintomi

Demente” è un termine spesso utilizzato in modo dispregiativo e improprio, ma in realtà è tratto e si rifà a una triste condizione medica;

la demenza è infatti una patologia progressiva che, quasi come uno spettro, già alle prime défaillances, crea paura e disagio sia nell’anziano su cui iniziano a essere visibili i sintomi, sia nelle persone che fanno parte della sua vita e che dovranno occuparsi di chi, inesorabilmente, non avrà più molte delle facoltà, atteggiamenti e ricordi a cui erano abituati.

Tuttavia, il reale quadro di demenza è rintracciabile quando il fisiologico declino cognitivo che accompagna la più generale involuzione di tutte le funzioni umane si manifesta troppo precocemente o con un andamento rapidamente progressivo e che interferisce con le attività sociali e lavorative.

Essa è la principale causa di disabilità e dipendenza in età avanzata.

Demenza e invecchiamento: la natura fisica del processo

Purtroppo il processo alla base di tale fenomeno è organico, ovvero di natura fisica,  causato da processi di atrofia cerebrale, cronico e irreversibile. Non solo esso intacca negativamente le funzioni cognitive quali memoria, linguaggio e orientamento, ma spesso si rispecchia in un’alterazione anche della personalità, dell’emotività e del comportamento con grande sconforto e frustrazione per i cari della persona demente che assistono a tali mutamenti.

Tuttavia, nonostante si sia abituati a pensare alla persona affetta da demenza come anziana, la tipologia causata dal decadimento che porta con sé la vecchiaia è solo una parte dei variegati quadri demenziali, seppur quella più diffusa e nota.

Tipologie di demenza

Si possono, in generale, classificare tre tipologie di demenza:

  • quella ricollegabile al tema qui oggetto d’indagine, ovvero la demenza senile, con esordio progressivo generalmente tra i 65 e i 70 anni e sintomatica del processo di atrofia cerebrale legato all’invecchiamento;
  • la demenza arteriopatica conseguente a un’arteriosclerosi cerebrale che provoca un graduale restringimento delle grandi vene;
  • la demenza atrofica presenile che a sua volta racchiude in sé più forme di decadimento caratterizzate da un esordio precoce tra i 45 e i 50 anni.

Alzheimer. La demenza pià diffusa

La più nota tipologia di demenza è in ogni caso la malattia di Alzheimer tanto conosciuta poiché la più diffusa forma di demenza tra gli anziani (55,7%), seguita, al secondo posto, dal decadimento provocato da ictus (14,5%).

La malattia di Alzheimer è una patologia cronica e degenerativa del sistema nervoso centrale che progressivamente e irreparabilmente distrugge le cellule cerebrali.

A rendere insidioso l’Alzheimer è il suo sfumato esordio: capita sovente che la persona affetta inizi a notare e accusare sporadiche défaillances ancora non riconducibili in modo certo alla diagnosi di malattia di Alzheimer, il cui esatto momento iniziale diventa così molto difficile da stabilire.

La sintomatologia che accompagna tale condizione prevede un decadimento della memoria e delle capacità linguistico-espressive, sintomi psichiatrici (deliri, allucinazioni), disorientamento nel tempo e nello spazio in cui è possibile rintracciare il fenomeno del “wandering” (vagabondaggio), turbe del comportamento (aggressività, agitazione psicomotoria) e il manifestarsi di disturbi dell’affettività (umore ansioso o depresso).

Demenza e invecchiamento: la diagnosi

La diagnosi di demenza avviene attraverso l’utilizzo di più strumenti quali esami neuroradiologici (TAC, RM, PET) e test neuropsicologici, di cui il più noto è il MMSE (Mini Mental State Examination) che contiene al suo interno più prove intellettive atte a valutare lo stato di numerosi funzioni mentali.

Dopo la diagnosi si possono proporre alcuni interventi che non permetteranno una guarigione totale dalla malattia ma almeno un suo rallentamento e la riduzione dell’impatto negativo sulla qualità della vita che essa porta con sé, ma tali strategie sono fortemente condizionate dalla quantità e qualità delle funzioni residue del malato e dalla loro stimolazione.

A cura di Anna Galtarossa

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